Kenya, il massacro di Shakahola

Kenya, il massacro di Shakahola

Maggio 3, 2023 0 di Andrea Bocchini

109 persone si sono lasciate morire di fame per ordine del capo di una setta. Costretti al digiuno “per vedere Gesù”, diversi potrebbero anche essere stati uccisi per appropriarsi dei loro beni. Tra le vittime anche bambini, le cui madri avevano seguito il falso profeta

Lo hanno definito “il massacro di Shakahola” quello avvenuta in Kenya. A perdere la vita sono state 109 persone che si sono lasciate morire di fama all’interno della foresta. Secondo la stampa locale, le vittime avrebbero seguito le indicazioni di diversi predicatori, i quali li avrebbero convinti a digiunare fino alla morte per arrivare prima in paradiso.

Le persone morte in Kenya erano seguaci della Good News International Church (GNIC). Questa realtà cristiana è fondata, tra gli altri, dal pastore Paul McKenzie, ora considerato il principale responsabile della strage avvenuta a fine aprile. Il predicatore al momento è in carcere e, secondo la stampa locale, ha deciso a sua volta di digiunare.

La necessità di “sacrificarsi per gli altri”

Nei suoi discorsi pubblici, McKenzie non avrebbe mai ordinato direttamente i suicidi, ma si limitava a parlare della necessità di “sacrificarsi per gli altri” e, riferendosi ai bambini che morivano di fame nel Paese, diceva: “Lasciamoli morire”.

Paul McKenzie è considerato un predicatore molto carismatico dalle teorie complottiste. Per esempio, sostiene che i medici seguano “un altro Dio”, impegnandosi in prima persona nel far partorire donne, assistendole con la preghiera.

Gran parte del Paese è rimasto scioccato da tale notizia, dimostrando fino a che livello alcuni religiosi fittizi, sfruttando l’ingenuità e le difficili condizioni di vita cui versano gran parte dei loro connazionali, riescano a manipolare una consistente fetta della società.

Tra le vittime donne e bambini

Bahati Joan e i suoi sei figli farebbero parte delle vittime morte di fame, dopo che Stephen Mwiti, marito e padre 45enne, ha denunciato alle autorità la loro scomparsa lo scorso agosto. “Mia moglie partiva nella foresta senza dirmi niente”, ha dichiarato Mwiti ai giornalisti. “Ha portato con sé tutti i nostri figli, dal più grande di nove al più piccolo di sette mesi”.

Joan era una seguace del pastore McKienzie dal 2015 e si era recata per la prima volta nella foresta di Shakahola nel 2021 per poi continuare ad andare e venire da questa località in maniera regolare.

Jonestown: la storia di un altro massacro

La strage avvenuta in Kenya ricorda un’altra accaduta in Guyana, a Jonestown, comunità fondata nella giungla dal predicatore americano Jim Jones. Qui, nel 1978, 909 persone si uccisero ingerendo del veleno o sparandosi.

La storia di Jonestown inizia nel 1977 quando Jones, teorico del “socialismo apostolico“, e arrivato ai ferri corti con le autorità statunitensi, si trasferì in Guyana, con i suoi seguaci. La scomparsa di centinaia di persone dal territorio americano attirò l’attenzione del membro del Congresso, Leo Ryan, che decise di recarsi di persona a Jonestown per capire cosa stesse accadendo.

La fine di Jonestown

Arrivato nella comunità, Ryan ricevette molte richieste d’aiuto da parte degli adepti di Jones che chiedevano di tornare negli Stati Uniti. Questo rese la situazione pesante ed alcuni membri della comunità uccisero il politico e diversi fuggiaschi.

Convinto che questo avrebbe determinato la fine della sua comunità e l’intervento delle autorità americane, Jones ordinò a tutti i suoi seguaci di suicidarsi. Lui stesso venne ritrovato morto.

In Kenya organizzata una commissione giudiziaria

Intanto, sono iniziate in Kenya le autopsie sui numerosi cadaveri. Le autorità fanno sapere che sono state costrette anche a riesumare i corpi di almeno 10 bambini “morti perché affamati, o in alcuni casi per asfissia”.

Il presidente keniano, William Ruto, alle prese con dure proteste anti-governative causate dagli alti costi della vita, ha dichiarato che questa settimana verrà istituita una commissione giudiziaria per indagare sulla tragedia.

a cura di
Andrea Bocchini

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