
La battaglia europea sulla direttiva case “green”
Un negoziato complicato nelle aule comunitarie per la direttiva sulle case green. Deroghe, deadline, campo di applicazione della norma sull’efficientamento energetico degli edifici dividono Consiglio e Parlamento Ue
Martedì 14 marzo 2023, il Parlamento europeo ha approvato il mandato negoziale su una proposta di legge per aumentare il tasso di ristrutturazioni e ridurre consumo energetico e emissioni nel settore edilizio. Obiettivo quello di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
343 i voti favorevoli, 216 i contrarti, mentre 78 le astensioni. Per i deputati, tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2028. Per i nuovi edifici occupati, gestiti o di proprietà delle autorità pubbliche, la scadenza è fissata al 2026.
Inoltre, necessario sarà, per tutti i nuovi edifici, l’adozione di tecnologie solari entro il 2028, mentre per quelli residenziali sottoposti a ristrutturazioni importanti, deadline fissata al 2032.
Secondo le disposizioni del PE, gli edifici residenziali, in aggiunta, dovranno raggiungere come minimo, la classe di prestazioni energetica E entro l’anno 2030, e D entro il 2033. Per le strutture non residenziali e pubbliche, invece, il raggiungimento delle medesime classi è fissato, rispettivamente, al 2027 e 2030.
Compito europeo sarà quello di ottenere piani nazionali di ristrutturazione che prevedano regimi di sostegno per facilitare l’accesso alle sovvenzioni e finanziamenti. Gli Stati membri dovranno allestire punti di informazione e programmi di ristrutturazione neutri dal punto di vista dei costi.
I regimi finanziari dovranno prevedere un premio cospicuo per le cosiddette ristrutturazioni profonde, è il caso degli edifici con le prestazioni peggiori, e sovvenzioni e sussidi mirati destinati alle famiglie vulnerabili.
La normativa comunitaria non si applica ai monumenti, e i Paesi UE avranno facoltà di escludere anche edifici protetti in virtù del loro valore architettonico o storici, edifici tecnici, quelli utilizzati temporaneamente, chiese o luoghi di culto.
Estensione anche all’edilizia sociale pubblica in cui le manovre di ristrutturazione comporterebbero aumenti degli affitti non compensati da maggiori risparmi sulle bollette energetiche.
Il dibattito politico europeo
La navigazione verso la direttiva appare, però, turbolenta. Sul piano politico si gioca una partita ampia, che coinvolge molti interessi nazionali, di settori industriali e partiti politici.
La prima posizione del Parlamento europeo venne presa nel 2021, approvando la sua posizione sulla modifica della direttiva. Ora questa è in mano al Consiglio dell’Ue, dal quale uscirà la versione definitiva del documento legislativo.
L’organo, però, a differenza del PE, ha una visione maggiormente conservativa sui temi ecologici, spingendo per una transizione più graduale verso la decarbonizzazione e per modifiche più facilitate nel tempo.
“Nel negoziato vedo due grossi punti di scontro: le date limite per attuare gli efficientamenti e le possibili deroghe per alcuni immobili”, ha affermato Ciaràn Cuffe, eurodeputato irlandese dei Verdi/Ale che è stato relatore per la direttiva in Parlamento.
Tra gli Stati membri, spiega Cuffe, alcuni sono più ostili verso la posizione dell’Eurocamera e spingeranno per una linea dura nei negoziati. Preoccupazioni sull’applicazione della direttiva sono state sollevate da Germania, Finlandia, Romania e soprattutto Italia. “Sicuramente il governo Meloni è stato molto critico. Mi sembra che il suo partito si opponga spesso alle direttive dell’Ue”, ha aggiunto Cuffe.
La situazione italiana
In effetti, la Penisola è probabilmente uno dei Paesi dove l’attuazione della direttiva potrebbe rivelarsi complicata. Per diversi motivi: secondo i dati Censis, il 70,8% delle famiglie italiane è proprietario della casa in cui vive e l’8,7% gode di un’abitazione in usufrutto o a titolo gratuito, cioè sicuramente ereditata dai familiari.
Tra gli edifici residenziali presenti sul territorio nazionale, il 34,3% appartiene alla classe energetica G, il 25,4% alla F. Quindi, più della metà delle case degli italiani sembrano necessitare di un efficientamento energetico.
Secondo le stime dell’Ance (Associazione nazionale costruttori edili), circa due milioni di edifici italiani dovranno essere riqualificati, con un investimento compreso tra i 40 e i 60 miliardi di euro ogni anno. La preoccupazioni di molti, esponenti politici ed associazioni, è che i lavori di miglioria si traducano in costi esorbitanti per le famiglie.
“Per l’Italia gli obiettivi non sono difficili da raggiungere, sono del tutto impossibili”, afferma Isabella Tovaglieri, europarlamentare leghista e relatrice ombra della direttiva all’Eurocamera.
Tovaglieri sottolinea inoltre altre criticità del documento legislativo: a partire da “una proprietà diffusa fra le famiglie e del ceto medio, che spesso non possono affrontare una spesa media di 35 mila euro per ristruttura il proprio appartamento”, fino al “patrimonio abitativo molto vetusto” di diverse località italiane, con migliaia di abitazioni dei centri storici che non rientrano nelle esenzioni.
La questione fra le mani del Consiglio dell’Ue che deciderà il da farsi. La direttiva case green sembra però non mettere d’accordo molti.
a cura di
Andrea Bocchini