Iran, 8 marzo al sapore di Libertà

Iran, 8 marzo al sapore di Libertà

Marzo 8, 2023 0 di Andrea Bocchini

Uno spirito rivoluzionario quello che si apprestano a vivere, le donne iraniane, nella giornata dell’8 marzo, al grido di “Donna, vita, libertà”, sempre più protagoniste in un Paese che le discrimina, le violente e le uccide

8 marzo, Festa della Donna, ma è davvero una festività internazionale per tutte le donne?

In Iran oramai non si sente parlare di altro: dall’uccisione di Mahsa Amini ad oggi, le donne sono al centro del più grande movimento di protesta anti – governativo e della repressione del regime di Teheran.

Combattenti in prima linea nelle vie e piazze delle città. Spesso corpo a corpo contro le violenze delle autorità del regime.

Prime cittadine contro cui si è scagliata la più forte attività di repressione della Repubblica islamica.

Ogni forma di violenza è, però, stata linfa che ha permesso loro di crescere e diventare forti.

Le donne in Iran non sono mai state così al centro della loro società: la costituzione in grandi movimenti di protesta contro il regime attuale ha cambiato la loro percezione e consapevolezza.

La rivolta è oramai scoppiata. Non si torna indietro.

La storia di Mahsa e la nascita del movimento

Era il 13 settembre 2022 quando una ragazza di 22 anni, Mahsa Zhina Amini, di origini curde, è stata arrestata dalla polizia morale di Teheran, accusata di non indossare correttamente l’hijab obbligatorio.

La ragazza è stata violentemente picchiata mentre veniva trasferita al centro di detenzione di Vozara, a Teheran.

In poche ore, necessario è stato il trasferimento in ospedale, dopo essere entrata in coma.

È morta tre giorni dopo.

Da lì è nato il più grande movimento di protesta di sempre organizzato nel Paese.

“Mahsa è stata un’attivista inconsapevole, perché le donne, ma anche un’intera popolazione, si sono identificate con la sua vicenda”, spiega Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.

Dopo la morte di Mahsa è esplosa la rivolta popolare in tutte le città del Paese. L’hijab è divenuto simbolo della protesta, rappresentando l’oppressione del regime e il mancato rispetto dei diritti umani.

Le donne hanno iniziato a mostrarsi per strada senza velo, con i loro capelli al vento, oppure legati in una coda.

Il regime ha risposto con la violenza e la repressione si è scatenata su tutti i manifestanti, ma in particolare contro le donne.

Il governo non può tollerare che loro (le donne), sempre represse e da sempre con meno diritti degli uomini, possano conquistare libertà.

Secondo i dati di Amnesty International, pubblicati a gennaio, 74 sono le donne uccise durante le proteste, migliaia arrestate.

Il regime continua a malmenarle nelle vie e piazze, torturarle e violentarle nei centri di detenzione e nelle carceri.

Ma loro, nonostante ogni tipo di violenza, continuano a protestare. I video pubblicati su Twitter, Telegram sono delle testimonianze preziose.

Da sottolineare il coraggio delle donne iraniane nel continuare le proteste in strada anche se le conseguenze sono terrificanti: punizioni, vendette, uccisioni, torture.

Da settembre ad oggi le proteste non si sono mai fermate, anche quando le donne erano in estrema difficoltà.

La notizia dei recenti avvelenamenti, nelle scuole del Paese, ha portato nuovamente il popolo in strada, a protestare.

L’8 marzo contro il regime

Anche la Giornata Internazionale della Donna 2023 sarà celebrata in Iran”, dice Parisa Nazari, attivista e mediatrice interculturale iraniana, traduttrice, che vive da diversi anni in Italia.

“In questo 2023 ci saranno novità, la società iraniana è cambiata. Siamo nel pieno della rivoluzione. Le iniziative in programma per l’8 marzo non piacciono al regime, cercheranno di bloccarle”, ha continuato Nazari.

Aggiungendo: “Le donne andranno avanti, sono tantissime coloro che protestano”.

Valore importante quello della cultura, con le donne che si sono fatte carico di trainarlo: “L’istruzione ha permesso la rivoluzione in atto. Le donne iraniane hanno capito quanto sia importante il ruolo dell’istruzione. Questa lotta non si fermerà”, ha concluso Nazari.

Anche se il velo non verrà abolito, il coraggio di queste donne ha già vinto.

a cura di
Andrea Bocchini

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