
Iran, 200 studentesse avvelenate a scuola
Il governo ha confermato che è stata un’azione intenzionale da estremisti religiosi che vorrebbero bloccare l’accesso all’istruzione alle ragazze
Oltre 200 le studentesse, provenienti da 14 istituti differenti, intenzionalmente avvelenate con composti chimici nell’intento di tenerle lontane dalle scuole.
Non è il primo caso di avvelenamento nel Paese iraniano. Già agli inizi di dicembre, dello scorso anno, avvelenamenti ricorrenti avevano portato alcune ragazze e bambine in ospedale.
Nelle ultime settimane c’erano state manifestazioni da parte dei genitori per protestare contro quello che stava accadendo.
Domenica, anche il viceministro della Salute, Younes Panahi, aveva confermato il tragico episodio: “Sono stati avvelenamenti intenzionali”.
In varie occasioni, fino alla scorsa settimana, in quattro città dell’Iran, le stuntesse di alcune scuole femminili avevano avuto problemi di salute dopo essere state a scuola, in alcune occasioni riscontrando anche odori particolari nelle classi.
I sintomi erano nausea, mal di testa, tosse, difficoltà respiratorie, palpitazioni e stati di sonnolenza acuta. Necessari, per alcune, i ricoveri in ospedale.
La dichiarazione di Panahi rappresenta un cambio di atteggiamento del regime che, fino a dieci giorni fa, definiva la notizia degli avvelenamenti “non confermata”.
Il viceministro della Salute ha, inoltre, indicato i possibili responsabili, ma secondo media locali, le ragazze sarebbero state avvelenate da estremisti religiosi, ispirati da ideologie e politiche talebane afghane.
L’intenzione era quella di vietare l’accesso all’istruzione alle ragazze ed arrivare alla “chiusura di tutte le scuole femminili”.
Gli avvelenamenti sono cominciati nella città di Qom, a sud della capitale Teheran. Qom, che conta 1,2 milioni di abitanti, è considerata una città “santa”, sede di molte istituzioni del clero iraniano e di vari seminari per studi teologici sciiti.
A Qom alcune scuole hanno subito attacchi con composti chimici, ma stessi episodi sono stati registrati anche a Teheran, Ardebil e Borujerd.
Panahi, in conferenza stampa, ha affermato che gli agenti chimici non possono essere definiti “armi chimiche e che erano per lo più trattabili senza il ricorso a cure aggressive”.
A Qom le scuole sono state chiuse per due giorni, mentre centinaia di persone hanno protestato all’esterno del palazzo del governo locale della città.
a cura di
Andrea Bocchini