Scuola e prospettive lavorative: giovani preoccupati più che mai

Scuola e prospettive lavorative: giovani preoccupati più che mai

Secondo un sondaggio riguardante l’istruzione in rapporto al lavoro e il proprio futuro, sono emersi dati agghiaccianti

Oggi giorno, sono numerosi i giovani a essersi sentiti dire almeno una volta nella vita, sfortunatamente, che studiare non è una garanzia, non permetterà di raggiungere il “lavoro dei sogni” a cui si aspira, o i propri obiettivi.

Questo atteggiamento pessimista è spesso incitato non solo dalle parole, ma anche nei fatti; basti pensare alle richieste di lavoro con prerequisiti difficili da soddisfare, come anni di esperienza e una giovane età allo stesso tempo.

Il grande sconforto provocato nelle menti dei ragazzi e ragazze, è recentemente emerso dal focus di un sondaggio dell’Istituto Freud di Milano.
L’indagine ha coinvolto 950 studenti, solo il 41,5% di essi ritiene che troverà rapidamente un’occupazione dopo il diploma. Sebbene il 65,6% pensa che sarà adeguato al titolo di studio e competenze, e questo potrebbe sembrare un dato positivo, ne segue subito un 62,9% che crede che il compenso non sarà buono.  A preoccupare maggiormente è che ben il 72,7% si sente poco tutelato da leggi e contratti riguardo licenziamenti, precariato e salari bassi.Il 96,3% considera necessario che il Governo intervenga con politiche ad hoc.
Secondo il 43% degli intervistati la parità di genere è vicina almeno, ma non si può dire lo stesso riguardo la meritocrazia; infatti oltre il 90% ritiene che non ci sia valorizzazione meritocratica per i giovani. Infine il 71,7% non vedono prospettive professionali attraenti.

Gli studenti si trovano così abbattuti tra lasciare il paese e privarlo quindi di un importante contributo, o rimanere con la consapevolezza che potrebbero essere sfruttati o non retribuiti a sufficienza, una prospettiva insostenibile per l’Italia che necessita i giovani.

Le parole di Daniele Nappo, direttore del Freud:

“Un’ insufficiente investimento e impiego nell’istruzione e nel post diploma implica la fuga in altri Paesi”, sottolinea. “E ciò testimonia le tante problematiche per le ragazze e i ragazzi nel momento di ingresso nel mercato del lavoro. Bisognerebbe sperimentare dei modelli incentivanti: non possiamo permettere che il sistema non sia capace di trattenere una perdita di capitale umano, c’è bisogno di un lavoro congiunto tra misure d’investimento e maggiore coinvolgimento dei soggetti interessati nella formazione”.

a cura di
Eleonora Maria Cavazzana

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