
Quattro chiacchiere con… Basilio Petruzza
Basilio Petruzza è tornato con un nuovo romanzo: “Esistiamo per non perderci”, una storia capace di toccare le corde più profonde dell’anima perché affronta diverse tematiche attuali e importanti. Basilio Petruzza oltre ad essere autore di cinque romanzi, ha anche un blog sul suo sito – Tutte le parole che posso – si occupa anche di critica musicale e social media. Laureato in Lettere (indirizzo Musica e Spettacolo) e specializzato in Dams (indirizzo Teatro – Musica – Danza), racconta ormai da anni il mondo della musica, della televisione e del costume italiano.
“Esistiamo per non perderci” è un romanzo di formazione: racconta la storia di Marcello, un giovane omosessuale che fatica a rivelare la propria verità più intima perché crede di dare un dispiacere alla propria famiglia. Basilio Petruzza con questo libro ci regala la possibilità di fare un viaggio introspettivo e profondo, fatto di rinunce, abbandoni, rabbia, ma anche di perdono e speranza.
Ci siamo fatti “4 chiacchiere” con l’autore ed ecco cosa ci ha raccontato…
Hai scritto il tuo primo libro nel 2012 e l’ultimo, “Esistiamo per non perderci”, nel 2021, cosa è cambiato nella vita e nella penna di Basilio Petruzza?
Istintivamente ti direi tutto. A ben rifletterci, però, ti dico che è cambiato il mio modo di avere a che fare con me stesso: nel 2012 era un ragazzino, avevo appena terminato il liceo e vivevo in quel limbo che tocca a chi non è più un adolescente ma non è ancora nemmeno un adulto. Oggi sono un uomo, lavoro ogni giorno per capire chi sono e per imparare a prendermi cura di me. La rabbia, ad esempio, è la stessa, solo che allora era un taglio che sanguinava, oggi è una cicatrice che mi ricorda attraverso cosa sono passato per essere la persona che sono.
Allora, la rabbia era istinto, oggi è motivo di riflessione: grazie all’analisi ho imparato a non sprecarla e a farne buon uso. Conseguentemente, la mia scrittura ha subito un’evoluzione: viscerale lo era allora e lo è tutt’oggi, ma adesso uso le parole con una consapevolezza maggiore. Credo che la mia storia personale e la mia storia di scrittore non possano prescindere l’una dall’altra.
Di te dici: “Scrivo per concedermi un’occasione e per non tradire il tempo che passa, per non lasciarlo intentato.”, se potessi tornare indietro e cambiare un solo giorno della tua vita, quale sarebbe?
Ne cambierei tanti, uno soltanto non basta, Cambierei i giorni in cui mi sono sentito un difetto e ho iniziato a farmi la guerra: mi concedevo di poter essere me stesso ma a patto di parlare sottovoce, restando seduto in panchina, in disparte, per non fare un torto a chi mi voleva diverso. E il torto, alla fine, l’ho fatto a me. A ben vedere, però, se non avessi vissuto quei giorni, che poi sono diventati anni e di cui ancora oggi pago il prezzo, non avrei scritto Frantumi, il mio primo libro, La neve all’alba, il secondo, e nemmeno i successivi.
I miei libri, compreso l’ultimo, sono figli di una rabbia di cui nessuno si è preso cura, nemmeno io. Sono figli della disattenzione che ho sopportato, a volte persino da parte mia. Anzi, soprattutto da parte mia. Forse non cambierei niente, altrimenti non sarei quello che sono, ma posso far sì che quei giorni siano un monito per il futuro. Ho promesso a me stesso di non tradirmi mai più.
Il tuo ultimo romanzo è una lettera aperta alla coscienza che prende forma e che mette nero su bianco le esperienze che i tuoi occhi hanno fotografato, senti di aver abbandonato dei “pesi” lungo questo viaggio?
Sì, tanti. Pubblicare Esistiamo per non perderci è stato come spogliarmi. Ma non parlo solo della fase della scrittura, che è stata lunga e complicata, ci ho lavorato per un anno intero. Parlo della fase successiva, quella della pubblicazione: quando il mio romanzo è diventato anche degli altri, ho capito che non mi sarei più potuto tirare indietro. Anzi, ho capito quanto tempo avessi perso a rimandarne la pubblicazione. Oggi so che avevo paura, sapevo di mostrarmi nudo, senza strati su strati di storie che potessero tenermi al riparo dal giudizio degli altri.
E invece quel giudizio, inteso come un dito puntato, perché così sono stato abituato a percepirlo, non è arrivato: la gente ha accolto questo libro con rispetto, cura e amore. Ho ricevuto messaggi molto belli, alcuni li conservo sul mio telefono perché mi servono a non dimenticare una cosa: vediamo quel che siamo, sempre. Io guardavo Esistiamo per non perderci e avevo paura, attraverso gli occhi degli altri ho visto una storia di coraggio e speranza che nemmeno immaginavo di aver scritto. In un certo modo, è come se gli altri mi avessero insegnato a guardarmi nel modo giusto: senza giudizio, quello cattivo, ma con benevolenza.
Ci lasci con una tua frase a cui sei particolarmente legato e se ti va raccontaci anche perché…
Ne ho due, la prima è “Ero libero di correre ovunque ma ovunque non era mai il posto giusto”: è la frase simbolo de La neve all’alba, il mio secondo romanzo. A ben vedere, mi racconta bene: tante volte sono andato via da me, ma scappavo a vuoto. La seconda è “Io ho bisogno di sapere che la vita non può scegliere per noi”, una frase che è scritta nel retro di Esistiamo per non perderci: è una preghiera, una speranza maltrattata, una paura ingenua, perché la vita, purtroppo o per fortuna, sceglie spesso al posto nostro. Tuttavia, Marcello, il protagonista del libro, si mette in testa di dimostrare il contrario e, alla fine, non senza fatica, ci riesce: la vita può fare quel che vuole, ma nulla può contro chi impara a esistere a prescindere dalla vita stessa.